Counseling, emozione e silenzio
di Omar Montecchiani
Di fronte a una battuta di suo padre trattiene a stento il fastidio e l’irritazione, si sente preso in giro, svalutato. Un amico che si trova con lui, viceversa, coglie gli aspetti ironici della situazione, e assiste divertito alla scena. Chiaramente il ragazzo e il suo amico sono due persone diverse, ma soprattutto è evidente che hanno un diverso rapporto con i due genitori.
Le emozioni si manifestano diversamente in ognuno di noi, sono intessute di significati differenti poiché esprimono il nostro modo specifico di essere insieme agli altri, la natura dei nostri legami, le profondità del nostro sentire più intimo.
Le emozioni non nascono da una causa esterna, ma hanno uno scopo, posseggono cioè un’intenzionalità, la quale si sviluppa a partire dal nostro stesso legame con il mondo. Sono rivolte a un oggetto, rispetto al quale tendono a scaricarsi (ex-movere, muovere fuori) per un determinato motivo.
Ora, c’è da dire che spesso è piuttosto difficile contattare e discernere le proprie emozioni, perché queste godono di una loro autonomia rispetto alla volontà della persona. Hanno una loro energia, una certa tensione e intensità; emergono spontaneamente e senza alcuno sforzo consapevole. Per questo destabilizzano, e, in generale, sono spesso temute.
Non solo le emozioni “negative”, come la tristezza, il dolore, la noia, oppure la rabbia, sono difficilmente contattabili, gestibili ed esprimibili. Anche le emozioni “positive” sono ardue da consapevolizzare. Ad esempio, io posso reprimere la gioia che provo quando una persona che amo mi fa una carezza, o comunque mi dimostra il suo affetto, perché durante la mia infanzia provare gioia e manifestare i sentimenti d’amore sono stati “vietati” dal mio contesto familiare. La convinzione veicolata dalla famiglia (esplicitamente o implicitamente), in questo caso, potrebbe essere stata più o meno questa: “solo le persone deboli mostrano i propri sentimenti di gioia, amore, ed entusiasmo per gli altri”. A questo punto, provare sentimenti positivi o manifestare forme di affetto, mi fa sentire “non ok”, come dice Eric Berne.
Le convinzioni e gli autogiudizi reprimono le emozioni perché sono elementi che viaggiano al di “sopra” di ciò che proviamo e che soffocano una lingua che ci siamo disabituati ad ascoltare.
Per stabilire un contatto con ciò che sperimentiamo a livello emotivo, invece, occorre fare silenzio. C’è bisogno di silenzio per poterci ascoltare. È necessario creare cioè un vuoto “fertile” al nostro interno, capace di aprire uno spazio che sia in grado di ospitare ciò che le emozioni hanno da dire.
Il ruolo del counselor, a questo proposito, rispetto all’ascolto e alla comprensione delle proprie emozioni, è fondamentalmente quello di farsi testimone discreto, ma assolutamente presente, della propria auto osservazione, rendendo in questo modo il silenzio interiore meno opprimente.
Attraverso un atteggiamento empatico, il counselor comunica alla persona la sua comprensione rispetto a ciò che questa prova, e, a partire dalla cosiddetta “considerazione positiva” egli vede ogni essere umano come degno di essere accettato e rispettato, indipendentemente da ciò che dice, sente, pensa o si comporta. Mediante questo atteggiamento non giudicante, egli conferma in modo implicito la validità e il diritto di esistenza dei sentimenti della persona, la quale acquisisce il coraggio necessario affinché possa prendere in mano le proprie emozioni e stati d’animo, superando il disagio della solitudine, il timore di scoprire sentimenti sgradevoli, e la paura di essere giudicati per ciò che è, perché sente di “essere Ok”, qualunque cosa dirà o proverà.
L’individuo impara, all’interno del rapporto tra counselor e cliente, a prendersi cura dei bisogni che sottendono le proprie emozioni, delle speranze deluse e mai sopite, delle intenzioni soffocate, consapevolizzando così i diversi significati della propria vita. Apprendendo comunque da sé, secondo i propri tempi e modi, a gestire meglio le proprie dinamiche emozionali, egli può operare delle scelte che aderiscano armoniosamente rispetto a ciò che prova a livello interiore.
Rendendo così la sua esistenza più piena, ricca, e consapevole.